venerdì 5 agosto 2016

La Leggenda dei 47 Ronin

Nel 1701 nasce la più importante delle leggende giapponesi. Asano Takumi, il daimyo (signore locale) a capo del clan En-ya, profondamente offeso nell'onore, cerca di uccidere il malvagio Kira, un ministro corrotto alla corte dei Tokugawa che l'aveva offeso ingiustamente per non avergli portato
dell'oro. In seguito a questo gesto, sebbene fosse evidente che il cortigiano, accecato com'era dall'avarizia e dall'ingordigia, fosse nel torto, l'imperatore non poté far altro che revocare il titolo ad Asano, confiscargli tutti i beni e, ordinandogli di fare Seppuku, sciogliere il clan En-ya. Il giovane sovrano, dopo aver dato l'estremo addio alla giovane e bellissima principessa, si dà la morte secondo il cerimoniale. Tuttavia i 200 samurai al suo servizio, da oggi ronin, guerrieri senza padrone, decidono di vendicarlo. Solo 47 di loro saranno però abbastanza fermi nel loro intento da portare a termine il progetto organizzandosi. Riusciranno a compiere la loro missione eliminando Kira e tutta la sua discendenza ma a un caro prezzo: l'imperatore si vede costretto, infatti, a condannarli a morte per aver ucciso un nobile. Solo il più giovane, di appena 16 anni, viene risparmiato con il compito di badare per tutta la vita alle spoglie dei compagni. Egli, ormai vecchio e debole, riesce a dettare ad un giovane venditore di seta le gesta dei suoi valorosi compagni prima di spegnersi. Il racconto cardine per capire il bushido, la via del guerriero, aleggia tra le tombe degli eroi che ancora oggi si possono ammirare a Sengakuji, nei dintorni di Tokyo.



Ci tengo a metterlo in chiaro fin da subito: la leggenda dei 47 ronin è un fatto storico, non un prodotto di fantasia, narratoci però dagli occhi dei "buoni", dei vincitori. Questo ci sarà molto importante per capire e riflettere sull'opera dopo. Infatti la si può leggere in due modi diversi: contestualizzandola in relazione alla cultura Giapponese o filtrandola coi nostri canoni occidentali per capire meglio un popolo molto distante dal nostro. Ovviamente faremo entrambe le cose!

L'opera, messa per iscritto ascoltando la testimonianza di prima mano di uno dei 47 ronin, nel tempo si è diversificata in tantissimi generi: opere scritte, spettacoli teatrali, rappresentazioni grafiche e racconti popolari. Quest'enorme diffusione si spiega grazie al suo tema principale: l'estrema rappresentazione del bushido. Questo termine, per chi non lo conoscesse, significa "via del guerriero" ed è l'insieme di norme morali che regola come
comportarsi nel modo più onorevole e onesto possibile. Avete presente quelle grandi esternazioni di disciplina tipiche di alcune arti marziali? Combattere sempre con parità d'armi, adempiere ai rituali, piena fedeltà al proprio signore, non fuggire mai, praticare il seppuku, il suicidio, in caso di fallimento ecc. Eco, tutto questo è bushido. Questo comporta, com'è facile intuire, una certa rigidità di vedute e di pensiero. In occidente lo conosciamo come il codice cavalleresco Medievale e, in sostanza, è molto simile anche se, al contrario del nostro modello europeo, si applica come filosofia di vita in ogni rapporto umano. Infatti non saranno i soli ronin ad adeguarvisi ma qualunque personaggio positivo, donne e bambini. Addirittura il figlio di Kira, antitesi del bushido per eccellenza, va incontro alla morte orgoglioso di ciò che è: un nobile, fiero e coraggioso. Solo grazie alla piena dedizione a questo principio i 47 ronin riescono a rimanere uniti e a portare a termine la loro missione, nonostante per questo abbiano dovuto rinunciare alla famiglia, agli amici, e a volte anche all'onore (ovviamente solo in apparenza). Il bushido è sovrapponibile, quasi in tutto e per tutto, al termine Giappone stesso: questa la filosofia di vita sottesa ad ogni rapporto sociale e che spiega non solo la forte rigidità interna e nei confronti dello straniero, ma anche l'alto tasso di suicidi e di problemi sociali. Chi non riesce a tener testa al bushido è un emarginato sociale. Proprio come Kira.

E qui viene la lettura filtrata coi nostri canoni. La storia, come detto, è raccontata con gli occhi dei vincitori e il nemico viene tratteggiato in modo buffo e parodistico: Kira è il cattivo viscido e infame per antonomasia, il bastardo inside che non esita ad offendere il prossimo per un po' di oro. Teme la morte, si fa circondare sempre da una marea di guardie perché non sa combattere. Arriva addirittura a nascondersi in una stanza di pietra segreta insieme a due samurai della sua squadra per sfuggire al nemico mentre la sua reggia va a fuoco. E comunque, una volta catturato, non
Kira

ammetterà di essere Kira ma si fingerà un popolano qualunque. Egli è l'anti eroe per eccellenza, l'anti bushido per antonomasia. Però cerchiamo di essere realisti. Kira è una persona vera, in carne e ossa, non un personaggio di fantasia. Risulta quindi evidente come vi siano molte esagerazioni sulla sua persona ben poco realistiche e attinenti la realtà. Più probabile, infatti, che Kira non si sia mai adeguato, semplicemente, alla società Giapponese e che, in quanto individuo fuori dalla norma, sia stato espulso ed emarginato da tutti. Anche i nobili, i cui feudi confinavano col suo, infatti, agevolano in tutti i modi l'azione dei 47 che non vengono in alcun modo fermati e, anzi, aiutati. L'imperatore è proprio costretto dal suo ruolo ad imporre la sentenza nei confronti dei ribelli anche se, che Kira fosse "cattivo" era ben evidente a tutti. Da qui possiamo trarre qualche spunto molto interessante.

O ti adegui o muori, vieni escluso. Questa rigidità nella struttura sociale del Giappone è ben evidente ancora oggi e si manifesta nell'eccessiva meritocrazia del sistema scolastico, nelle pressioni che i ragazzi ricevono tutti i giorni e che sfociano in suicidi, bullismo esasperato, baby gang e il profilo drammatico degli ikkikomori a qualunque età. Infatti anche nel "mondo degli adulti" queste problematiche si ripercuotono, a volte intensificandosi: troppo lavoro, nessuna pausa, rapporti sociali appiattiti, vita sessuale solo extramatrimoniale e natalità ai minimi storici. Un rigore estremo che, per essere attenuato, richiede delle valvole di sfogo complete ed esagerate, come esagerati sono i Giapponesi: programmi comici demenziali, tutta la cultura anime e manga, pratiche sessuali particolari e bizzarre ai nostri occhi. Certo, tutta questa storia del bushido ha portato il Giappone ad essere una delle prime potenze produttrici mondiali, uno dei paesi più avanzati tecnologicamente in grado di stupirci ed ammaliarci con la sua cultura. Ma ha anche provocato il fascismo e razzismo della seconda guerra mondiale (e non solo), uno sfascio sociale e una situazione difficilmente tollerabile ai nostri occhi.

Per approfondire l'argomento vi raccomando il romanzo erotico "Tokyo Decadence" di Ryu Murakami (Mondadori), "Dopo il Banchetto" di Mishima (Feltrinelli) e "L'uccello che girava le viti del mondo" di Haruki Murakami (Mondadori). "La leggenda dei 47 ronin" la trovate, invece, edita dalla Luni editrice, punto di riferimento per molti testi dell'estremo oriente. Ovviamente ci sarebbe molto altro da dire ma l'analisi della società Giapponese non è certamente affrontabile tutta insieme in un unico articolo!

Nelle prossime due settimane non ci saranno articoli veri e propri ma articoli-post sulla pagina Facebook dove sarò sempre reperibile. Ci vediamo là oppure, dopo questa "pausa" con un nuovo articolo!